Abbattere in sicurezza.

Di frequente veniamo interpellati per eseguire lavori non proprio facili. E questo di cui vi sto parlando, non è stata una passeggiata. Centosettanta pini neri ( Pinus austriaca), posizionati in una ripidissima scarpata a ridosso delle mura del castello di Compiano (PR).  Quindi, le richieste specifiche della committenza, erano di non toccare assolutamente le mura, di preservare in muro di contenimento della scarpata sottostante, di lasciare intatto il guardrail e di non far scivolare le piante oltre la seconda scarpata più a valle. Dici poco…..

La ditta sub appaltatrice per l’abbattimento è la “Pantaleoni forestale”, con la quale collaboriamo quasi quotidianamente. Essi sono attrezzatissimi per i lavori forestali: escavatori con pinze abbattitrici e cesoie, cippatore, biotrituratore, trattori carrellati per i vari trasporti, nonché un praticissimo forwarder per rimuovere la legna da posti impossibili. Ma quando si lavora in condizioni simili di forte pendenza serve una risorsa umana con molta esperienza nell’uso della motosega.

Dicevamo di centosettanta alberi alti trenta metri, con un diametro che oscillava tra i 40 e 60 centimetri. Molti di essi piegavano dalla parte opposta rispetto allo strettissimo posto destinato alla caduta. “Non si può sbagliare”. E non abbiamo sbagliato

La preparazione preventiva è partita da un sopralluogo per valutare la fattibilità del lavoro, per poi passare, dopo pochi giorni all’esecuzione. Mille chiacchere per pianificare le procedure, poi la chiusura totale al traffico della provinciale sottostante. Ho personalmente preparato tre motoseghe con caratteristiche diverse tra esse: una media e leggera per gli alberi più scomodi, e due grosse con barre di diverse misure, per i diametri maggiori; naturalmente, le catene, super affilate.

Non accontentandoci della chiusura al traffico, abbiamo richiesto due movieri posizionati uno a valle ed uno a monte, per scongiurare il transito a qualche pedone curioso. Nonostante questi accorgimenti, è stato comunque un nostro obbligo morale delimitare il cantiere con transenne e nastro colorato: la prudenza non è mai troppa.

Poi, via: un grosso sospiro e ci posizioniamo per il primo abbattimento muniti di cunei, mazza e palanchino.

Buona parte degli alberi erano delle perfette candele, quindi non è stato difficile indirizzarle la dove erano destinate; per altri invece, ci siamo avvalsi dell’ausilio dei cunei e di una buona cerniera di sicurezza. Non vi nascondo che due o tre pini ci hanno fatto trattenere il respiro con le dita incrociate, ma alla fine sono caduti tutti dove volevamo.

Dopo aver descritto tecnicamente tutti i passaggi necessari all’esecuzione di questo difficilissimo intervento, l’etica mi suggerisce di dirvi anche le motivazioni per le quali è stato necessario questo intervento.

Il versante su cui erano dimorati questi grandi alberi, sta cedendo. Alcuni apparati radicali erano scoperti a causa dell’erosione ed un paio di alberi, per fortuna piccoli, erano già caduti, tuttavia senza provocare danni a cose o persone. Altri tre o quattro pini erano già morti in piedi ed altri avrebbero presto seguito le stesse sorti: sicuramente anche grazie ai ripetuti attacchi di processionaria del pino, avvenuti negli ultimi anni e che hanno indebolito queste piante.

Il pino nero, pur essendo una pianta autoctona italiana e mediterranea, non è endemica dell’appennino parmense: infatti questi alberi sono frutto di una forestazione umana e non naturale.

Ora, a lavori di abbattimento ultimati, subentrerà la ditta che si occuperà di palafittare tutto il versante per aumentarne la sicurezza. La dove sarà necessario, verranno fatti piccoli riporti di terreno e saranno ricollocati altri alberi ed arbusti autoctoni, più adatti al consolidamento del versante. Per nostra fortuna, la natura ha già fatto parte del lavoro: infatti nel sottobosco sono cresciuti parecchi arbusti e alberi autoctoni che ora con tutta quella luce, avranno la possibilità di svilupparsi nel migliore dei modi. Parliamo di querce, frassini, noccioli, cornioli, aceri ricci e campestri, ecc. ecc. e , aimè, anche qualche robinia ben naturalizzata in quei posti , ma non propriamente autoctona.

Nulla verrà sprecato: i tronchi più grossi sono già arrivati in segheria dove verranno sezionati e dimorati per la stagionatura. Mentre tutto il resto è stato cippato e trasportato in centrale per la produzione di energia elettrica.

Non possiamo trascurare l’aspetto fitosanitario: migliaia di nidi di processionaria sono finiti nel cippatore e quindi, tritati. Con ciò non elimineremo la piaga della processionaria nel comune di Compiano, ma su una buona riduzione, ci contiamo.

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Campanini Claudio

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